La defecografia consiste in un esame radiografico che permette la valutazione della defecazione sia sotto il profilo anatomico sia sotto quello funzionale. L’accertamento viene condotto da un medico specialista in radiologia con particolare esperienza in proctologia.

A cosa serve la defecografia? 

La stitichezza, chiamata anche stipsi, è un disturbo che può interessare tutte le fasce di età ma che si manifesta prevalentemente nelle donne dopo i 65 anni. Fisiologicamente, l’evacuazione quotidiana delle feci dovrebbe avvenire senza sforzo o dolore durante. Si considera stitichezza quella condizione nella quale l’atto defecatorio risulta particolarmente difficile oppure quando l’eliminazione delle feci si verifica meno di tre volte alla settimana.

Vengono generalmente definite due tipologie di stipsi: quella cosiddetta occasionale, che si manifesta per un breve periodo e quella cronica che invece persiste più a lungo.

Nella stragrande maggioranza dei casi, la stipsi è occasionale e non è necessario un intervento medico. Per risolvere il problema, spesso è infatti sufficiente modificare la dieta incrementando il consumo di fibre e l’idratazione oppure aumentando l’attività fisica.

Nel tempo, invece, la stipsi cronica provoca un indurimento fecale che può rendere dolorosa l’evacuazione intestinale oltre a impedirne il completo svuotamento. La forma cronica comporta spesso anche fastidio, disagio e può ridurre la qualità della vita di chi ne è affetto.

La stipsi cronica, quindi, può prevedere l’inizio di una terapia farmacologica che comunque deve essere impiegata con attenzione perché a lungo andare può provocare altre complicanze tra cui l’atonia del colon da lassativi. Qualora, nonostante tutte le terapie messe in atto, la stitichezza non scompaia, il medico potrà prescrivere accertamenti diagnostici con lo scopo di accertare le cause esatte della stipsi.

Quando si esegue la defecografia? 

Le cause della stitichezza possono essere diverse e di fronte a una situazione particolarmente complessa con sintomatologia importante e senza che nessuno dei presidi terapeutici messi in atto abbia conseguito risultati utili, il medico curante può inviare il paziente al gastroenterologo. Dopo avere prescritto diversi esami e aver effettuato un’ispezione rettale, lo specialista, in assenza di cause evidenti che forniscano una spiegazione chiara dell’origine della stitichezza e soprattutto quando una colonscopia abbia escluso la presenza di un cancro intestinale, può consigliare la defecografia.

Come si esegue la defecografia? 

Il paziente viene posizionato sul tavolo radiologico in decubito laterale sinistro con entrambe le ginocchia leggermente flesse. Poi, tramite un apposito catetere, viene inserita nel retto una sostanza pastosa, contenente solfato di bario, la cui consistenza è tale da somigliare a quella delle feci normali. Il bario è un materiale con elevata densità e per questo motivo visibile con i raggi X. Questa caratteristica lo rende molto utile per verificare la presenza di eventuali alterazioni della corretta funzionalità e coordinazione della muscolatura pelvica e/o di un prolasso rettale collegato con l’atto defecatorio.

Dopo aver riempito l’ampolla rettale con il solfato di bario, si procede a ruotare il tavolo radiologico in modo da verticalizzare il paziente che può quindi sedersi sulla cosiddetta sedia defecografica. A questo punto la collaborazione della persona sottoposta all’esame diventa fondamentale perché è necessario che esegua ciò che il medico esaminatore gli chiede di fare: ad esempio rilassarsi, contrarre la muscolatura addominale, evacuare, tossire.

Preparazione alla defecografia 

Per sottoporsi all’accertamento non è necessario eseguire particolari manovre di preparazione. È sufficiente infatti un normale clistere di pulizia che va fatto perlomeno tre ore prima di cominciare l’esame.

Per quanto riguarda le donne, invece, è opportuna l’assunzione per via orale di un mezzo di contrasto. Lo scopo è quello di riuscire a rendere visibili anche le pareti dell’intestino tenue in modo da mettere in evidenza, se presente, il cosiddetto enterocele, ossia l’erniazione di anse intestinale nello scavo del Douglas, lo spazio che si trova tra la parete del retto e quella posteriore dell’utero. È inoltre necessario che il paziente, dopo aver ricevuto tutte le informazioni necessarie, esprima per iscritto il suo consenso, cosa che in genere viene fatta attraverso la compilazione e la firma di un formulario apposito.

La defecografia fa male? 

Si tratta di un esame indolore anche se può risultare imbarazzante.

Generalmente la defecografia non è un esame pericoloso, tuttavia in rari casi si possono presentare alcune complicanze, solitamente stimolate da patologie pregresse, come il morbo di Crohn o una rettocolite, nonché infiammazioni locali e perforazioni intestinali.

A cosa bisogna prestare attenzione dopo la defecografia? 

Nei giorni successivi all’esame sarà normale l’emissione di feci chiare, il colore è infatti dovuto dal mezzo di contrasto utilizzato per l’esecuzione della defecografia.

Fonti