Per interruzione volontaria di gravidanza (IVG) si intendono gli interventi atti a porre termine alla vita di un embrione, e quindi ad una gravidanza, in modo consapevole. Questo è consentito dalla legge se si verificano determinate condizioni.

Indice
  • 1 Quando e per quali motivi si può ricorrere all'interruzione volontaria di gravidanza?
  • 2 Quale percorso occorre seguire per l'interruzione volontaria di gravidanza?
  • 3 Come si svolge l’interruzione volontaria di gravidanza?
  • 4 Fonti

Quando e per quali motivi si può ricorrere all'interruzione volontaria di gravidanza?

Dal 1981 in Italia è possibile interrompere in modo volontario una gravidanza. Infatti, in seguito ad un referendum abrogativo popolare del 1981, la legge 194/78 fu modificata e l’interruzione volontaria di gravidanza è permessa senza sanzioni in situazioni ben definite e stabilite dall’articolo 4 che recita:

“Per l’interruzione volontaria della gravidanza entro i primi novanta giorni, la donna che accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito, si rivolge ad un consultorio pubblico istituito ai sensi dell’articolo 2, lettera a), della legge 29 luglio 1975 numero 405, o a una struttura socio-sanitaria a ciò abilitata dalla regione, o a un medico di sua fiducia”.

Oltre il 90esimo giorno di gestazione, l’interruzione è ancora possibile se sussistono le condizioni previste dall’articolo 6 della legge 194/78:

  • quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna;
  • quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna.

Quale percorso occorre seguire per l'interruzione volontaria di gravidanza?

La gestante, munita di un documento di identità, deve recarsi presso un consultorio con il referto che attesta il suo stato di gravidanza rilasciato da un centro di analisi. Dal canto suo, il personale addetto del consultorio deve fare quanto possibile per cercare di eliminare le cause che hanno spinto la donna a decidere di interrompere la gravidanza e se necessario, oltre al personale sanitario, anche i servizi sociali e gli psicologi sono tenuti ad intervenire in questo senso.

Una volta accertata l’impossibilità di rimuovere gli ostacoli che impediscono la prosecuzione della gestazione, sono previsti alcuni passi successivi prima di poter procedere all’interruzione. In questo senso, il ginecologo di fiducia o del consultorio, o anche il medico di base deve:

  • certificare la decisione di interrompere la gravidanza;
  • informare in modo esaustivo la donna sulle possibili tecniche da utilizzare per l’IVG;
  • incaricarsi del collegamento con il centro dove si svolgerà l’interruzione di gravidanza;
  • garantire la sorveglianza clinica dopo l’intervento;
  • invitare la donna a rinviare di 7 giorni la sua decisione di interrompere la gestazione (se non sussistono motivi di urgenza).

Concluso questo percorso stabilito dalla normativa in vigore, l’IVG può essere eseguita fermo restando il diritto della donna di cambiare idea anche all’ultimo minuto.

Come si svolge l’interruzione volontaria di gravidanza?

Sono due i modi utilizzabili per porre termine alla gravidanza: farmacologico o chirurgico.

Per il metodo farmacologico è previsto il ricovero in regime di day hospital. La donna riceve un farmaco chiamato RU486 contenente mifepristone, uno steroide sintetico, che causa la morte dell’embrione o del feto e spesso anche la sua espulsione. Se questo non accade, dopo 48 ore, si procede alla somministrazione di prostaglandine per terminare il procedimento di fuoriuscita che si manifesta in modo analogo alle mestruazioni.

RU 486 può causare effetti collaterali tra i quali:

Il metodo chirurgico è normalmente eseguito fino alla decima/undicesima settimana di gravidanza, l’intervento viene condotto in anestesia generale o locale (paracervicale uterina) mediante utilizzo di un apparecchio specifico che procede all’aspirazione del contenuto dell’utero. È preceduto dalla somministrazione profilattica di antibiotici e di misoprostolo per la preparazione della cervice. Nel post operatorio è in genere necessaria la somministrazione di farmaci per dominare la sintomatologia dolorosa che si può manifestare.

E consigliata una visita ginecologica di controllo due settimane circa dopo l’interruzione.