L’emotrasfusione è l’infusione di sangue o emocomponenti da un donatore a un ricevente. Si tratta dunque di una forma di trapianto e, proprio per questo, può comportare problematiche di incompatibilità cioè reazioni trasfusionali.

Indice
  • 1 Descrizione dell'emotrasfusione
  • 2 A cosa serve l’emotrasfusione?
  • 3 Quali sono i rischi dell’emotrasfusione?
  • 4 Come ci si prepara all’emotrasfusione?
  • 5 Come si esegue l’emotrasfusione?
  • 6 L’emotrasfusione  fa male?
  • 7 Fonti

Descrizione dell'emotrasfusione

L’emotrasfusione è una forma di terapia finalizzata a ripristinare il sangue, o alcune sue componenti, che per qualsiasi ragione il paziente ha perduto.

Gli emocomponenti sono sostanze presenti nel sangue che possono essere trasfuse singolarmente, in modo da trasferire al ricevente solo quello di cui ha bisogno; in questo modo i rischi, spesso dovuti ai globuli bianchi, si riducono rispetto alla trasfusione di sangue intero.

La forma più comune di emotrasfusione è eterologa, così definita quando il donatore e il ricevente sono persone distinte, ma esiste anche una emotrasfusione omologa, in cui il sangue viene prelevato e reinfuso nella stessa persona, si parla in questo caso di autotrasfusione e vi si ricorre prevalentemente dopo certi interventi chirurgici.

Il sangue utilizzabile per le trasfusioni è sempre di origine umana e costituisce una risorsa estremamente importante: la sua disponibilità è limitata e la sua natura è molto deperibile.

A cosa serve l’emotrasfusione?

L’emotrasfusione potrebbe rendersi necessaria in caso di carenza di globuli rossi. Questa condizione potrebbe essere dovuta al fatto che l’organismo non ne produce abbastanza oppure perché il paziente ha perso troppo sangue.

Ad esempio, la necessità di una trasfusione di sangue si evidenza in presenza di condizioni che comportano anomalie dei globuli rossi, come l’anemia falciforme o la talassemia; nel caso di certi tipi di cancro come la leucemia o di trattamenti anti-tumorali che colpiscono le cellule del sangue, come la chemioterapia o il trapianto di cellule staminali; emorragie gravi, di solito dovute a un intervento chirurgico, al parto o a un incidente.

L’emotrasfusione può essere indicata anche per mantenere la cosiddetta respirazione interna, ossia lo scambio di gas che avviene tra il sangue dei capillari sistemici e il liquido interstiziale; per ripristinare volumi adeguati del sangue e in caso di certi disturbi della coagulazione o di deficienze del sistema immunitario.

Quali sono i rischi dell’emotrasfusione?

L’emotrasfusione è un tipo di procedura molto comune e sicura.

Prima di essere utilizzato, il sangue del donatore viene controllato per escludere la presenza, nel donatore, di infezioni gravi e trasmissibili come l’epatite o l’HIV.

Esiste comunque un rischio, sia pur molto ridotto, di complicazioni, come ad esempio: una reazione allergica al sangue del donatore, un problema al cuore, ai polmoni o al sistema immunitario.

È importante che il tipo di sangue del donatore e del ricevente siano compatibili.

Una caratteristica del sangue è il gruppo sanguigno, che viene classificato in base alla presenza o l’assenza di antigeni sulla superficie dei globuli rossi. La classificazione più diffusa suddivide i tipi di sangue nei gruppi 0, A, B, AB.

Un’altra caratteristica è il fattore Rh, un particolare antigene che alcune persone hanno sulla superficie dei globuli rossi del sangue; quando è presente si parla di Rh positivo, altrimenti di Rh negativo.

I globuli rossi dei donatori dei gruppi sanguigni A, B oppure con fattore Rh-positivo non devono essere trasfusi nel sangue di riceventi che non contengono gli stessi fattori, infatti queste persone hanno anticorpi anti-A, anti-B o anti-Rh che possono causare reazioni gravi.

Soggetti con sangue di gruppo 0 e Rh-negativo sono definiti donatori universali di sangue, mentre individui con gruppo AB e Rh-positivo sono riceventi universali.

Come ci si prepara all’emotrasfusione?

Prima dell’emotrasfusione, devono essere determinati il gruppo sanguigno e il tipo Rh, sia del donatore che del ricevente, per stabilire la compatibilità. Devono anche essere effettuati: un test per escludere le malattie infettive nel sangue del donatore; una ricerca degli anticorpi irregolari nel sangue del ricevente che, se positivo, è potenzialmente a rischio; le prove di compatibilità maggiore, o cross-match, in cui il siero del paziente viene testato con i globuli rossi del donatore, per stabilire l’assenza di reazioni di tipo anticorpale.

Come si esegue l’emotrasfusione?

L’emotrasfusione richiede in genere da una a quattro ore, a seconda di quanto sangue viene trasfuso e dalla tipologia di emocomponente.

La procedura avviene per via endovenosa. L’ago viene inserito in una vena del ricevente per consentire al sangue o all’emocomponente, contenuto in una apposita sacca, di entrare nel circolo sanguigno.

La procedura inizia a velocità ridotta, per assicurarsi che non compaiano disturbi in reazione alla trasfusione; successivamente la velocità di infusione può essere aumentata.

Un infermiere segue generalmente il paziente durante tutta la procedura e prende le misure della pressione sanguigna, della temperatura e della frequenza cardiaca. Il medico deve essere immediatamente informato in caso di fiato corto, brividi, prurito insolito, dolore al petto o alla schiena, senso di disagio.

Dopo la procedura, l’ago e la linea intravenosa vengono rimossi. Potrebbe svilupparsi un livido intorno al sito in cui è stato inserito l’ago, ma in genere scompare in pochi giorni.

L’emotrasfusione  fa male?

L’emotrasfusione è una procedura indolore, ad eccezione della sensazione dolorosa che si avverte al momento dell’inserimento dell’ago.