L’ipertensione arteriosa è una condizione clinica in cui la pressione arteriosa, ovvero la pressione esercitata dal sangue sulle pareti delle arterie, nella circolazione sistemica, risulta elevata. La pressione arteriosa è alta se supera i 140 mmHg di pressione massima e i 90 mmHg di pressione minima, ed è associata a un maggiore rischio di eventi cardiovascolari e cerebrovascolari.

Indice
  • 1 Cos'è l'ipertensione arteriosa
  • 2 Tipologie di ipertensione arteriosa
  • 3 Come si diagnostica l'ipertensione arteriosa
  • 4 Quali sono i sintomi e le complicanze dell'ipertensione arteriosa
  • 5 Trattamento dell'ipertensione arteriosa
  • 6 Fonti

Cos'è l'ipertensione arteriosa

La pressione arteriosa alta è una condizione clinica piuttosto comune: secondo l’Istituto Superiore di Sanità colpisce il 18% degli italiani, in particolare le persone anziane, la prevalenza dell’ipertensione, infatti, aumenta con l’aumentare dell’età, arrivando al 50% nelle persone di età superiore ai 74 anni.

Il cuore è l’organo responsabile della circolazione del sangue in tutto l’organismo. In un ciclo cardiaco il sangue (sia quello ossigenato derivante dalla circolazione polmonare che quello non ossigenato derivante dalla circolazione sistemica) riempie le camere cave del cuore: una volta riempito, il cuore pompa il sangue nel sistema arterioso. Nel caso della circolazione sistemica il sangue deve raggiungere tessuti periferici anche molto distanti dal cuore, per cui la contrazione cardiaca deve essere adeguata a spingerlo attraverso le arterie. La pressione che il sangue esercita sulle pareti delle arterie viene definita pressione arteriosa, e il suo valore non è costante durante un ciclo cardiaco: quando il cuore si contrae e pompa sangue nella circolazione sistemica la pressione è al suo massimo, e viene detta pressione sistolica  (la sistole, infatti, è proprio la fase di contrazione cardiaca), mentre quando le camere cave del cuore si riempiono di sangue si ha il valore minimo di pressione arteriosa, e questa viene detta pressione diastolica (la diastole è la fase del ciclo cardiaco in cui si ha il riempimento del cuore).

Tipologie di ipertensione arteriosa

Si distinguono due tipi di ipertensione arteriosa:

  • ipertensione primaria o essenziale, quando la pressione alta non è dovuta a cause note o identificabili, questa rappresenta il 95% dei casi pressione arteriosa;
  • ipertensione secondaria, quando la pressione alta è dovuta a cause note, come malattia nefrovascolare (malattia in cui si ha uno scarso afflusso di sangue al rene), insufficienza renale, feocromocitoma (tumore delle ghiandole surrenali), aldosteronismo (patologia endocrina in cui c’è un’eccessiva secrezione dell’ormone aldosterone).

Come si diagnostica l'ipertensione arteriosa

La pressione arteriosa generalmente viene misurata con uno sfigmomanometro, uno strumento in grado di rilevare la pressione esercitata dal sangue sulle pareti arteriose a livello periferico (di solito a livello del braccio): lo sfigmomanometro misura la pressione in millimetri di mercurio (mmHg).

Quando si usa questo strumento, viene rilevata sia la pressione sistolica, detta “massima”, che la pressione diastolica, detta “minima”. Normalmente la pressione arteriosa è di 120 mmHg per la massima e 80 mmHg per la minima. Secondo le linee guida della Società Europea dell’Ipertensione Arteriosa (ESH), l’ipertensione arteriosa viene definita quando la pressione massima supera i 140 mmHg e la minima supera i 90 mmHg. Lo sfigmomanometro più preciso e usato è quello a mercurio: è composto da un bracciale di gomma collegato da un lato ad una piccola pompa a mano, dall’altro a un manometro a colonna di mercurio. Per avere un quadro più preciso, può essere effettuato anche il monitoraggio ambulatoriale della pressione arteriosa: in questo caso il paziente indosserà un dispositivo (holter pressorio) in grado di misurare e registrare i valori di pressione arteriosa per una un’intera giornata, a intervalli regolari.

La valutazione iniziale dei pazienti con sospetta ipertensione è indirizzata a confermare la diagnosi di ipertensione, identificare le eventuali cause di ipertensione secondaria e valutare il rischio cardiovascolare. Ciò richiede la rilevazione della pressione arteriosa, l’anamnesi familiare, l’esame obiettivo, gli esami di laboratorio e ulteriori test diagnostici.

Quali sono i sintomi e le complicanze dell'ipertensione arteriosa

Generalmente l’ipertensione arteriosa è asintomatica, ma se il rialzo della pressione è importante (valori superiori a 180/110 mmHg), si possono verificare i seguenti sintomi:

  • cefalea (mal di testa);
  • stanchezza;
  • alterazioni della vista;
  • vertigini;
  • ronzii alle orecchie;
  • nausea e vomito;
  • epistassi (sangue dal naso).

È importante tenere sotto controllo l’ipertensione arteriosa, in quanto rappresenta un fattore di rischio per eventi cardiovascolari e cerebrovascolari come ictus, infarto del miocardio, aneurismi, arteriopatie periferiche.

Trattamento dell'ipertensione arteriosa

Gli obiettivi del trattamento dell’ipertensione arteriosa mirano a ridurre i valori pressori e ad abbattere il rischio vascolare. Innanzitutto, nel controllo della pressione arteriose, è importante l’adozione a lungo termine di uno stile di vita sano che prevede l’aumento dell’attività fisica, la riduzione del peso corporeo e la riduzione del consumo di sale da tavola. A questo si affianca una terapia farmacologica adeguata alle condizioni cliniche e ai fattori di rischio del paziente.

I farmaci più utilizzati per il trattamento dell’ipertensione sono:

  • diuretici;
  • beta bloccanti;
  • calcio-antagonisti;
  • ACE-inibitori/sartani/inibitori diretti della renina;
  • alfa-bloccanti;
  • clonidina.

L’ipertensione arteriosa è quindi una condizione clinica spesso asintomatica, che però va monitorata in quanto espone molto di più al rischio di eventi cardiovascolari. Per scoprire di più sulle altre alterazioni della pressione sanguigna, consultate le schede sull’ipertensione polmonare e sulla sincope.