Interstiziopatie polmonari
Con il termine interstiziopatia polmonare o malattia interstiziale polmonare si intende un insieme di oltre 300 patologie accomunate da una serie di caratteristiche. Tipicamente le interstiziopatie polmonari sono dovute a un danneggiamento del tessuto che riveste gli alveoli polmonari (detto interstizio polmonare). Questo comporta una riduzione nella capacità degli alveoli di distendersi e quindi di scambiare in modo efficiente l’ossigeno e l’anidride carbonica tra il sangue e l’aria. Il danno può inoltre causare infiammazione diffusa e, in alcuni casi, fibrosi (formazione di tessuto connettivo riparatore che sostituisce le cellule parenchimali).
Nella fibrosi polmonare idiopatica, ad esempio, una serie di danni microscopici al tessuto polmonare attiva una risposta infiammatoria, causando la comparsa di cicatrizzazione patologica (fibrosi) e peggiorando ulteriormente gli scambi gassosi.
Classificazione ed epidemiologia delle interstiziopatie polmonari
La maggior parte delle patologie che rientrano tra le interstiziopatie polmonari sono molto rare, ma alcune sono piuttosto comuni. Si stima che circa la metà delle interstiziopatie siano rappresentate da fibrosi polmonare idiopatica e sarcoidosi. Tra le altre forme ci sono l’alveolite allergica estrinseca, l’interstiziopatia polmonare associata a connettivite, la pneumoconiosi, e l’interstiziopatia polmonare dovuta a farmaci. Nei bambini si osservano delle forme di interstiziopatie polmonari specifiche, dette ChILD (Children’s interstitial lung disease), considerate rare.
Le interstiziopatie polmonari sono una classe molto eterogenea di patologie per le quali non è sempre possibile ottenere una diagnosi specifica. A causa di questa eterogeneità, non sono disponibili molti dati epidemiologici sulla loro incidenza e prevalenza. Solo in un terzo dei casi di interstiziopatia polmonare la causa è conosciuta, mentre per il 65% di tutti i pazienti l’origine non è nota. Tuttavia in tutte le condizioni è sempre più evidente il coinvolgimento di fattori esogeni. Si suppone, ad esempio, che la sarcoidosi dipenda dalla combinazione tra predisposizione individuale ed esposizione a un agente non ancora identificato (microrganismi, materiali inorganici, ecc.). L’esposizione a polveri organiche o inorganiche (es. silice, asbesto, metalli pesanti, prodotti utilizzati in attività agricole/allevamento) è considerato come un fattore di rischio per lo sviluppo della fibrosi polmonare idiopatica e di patologie derivate (es: silicosi, asbestosi, …).
Sintomi e diagnosi delle interstiziopatie polmonari
Le interstiziopatie polmonari si manifestano generalmente in modo graduale, con mancanza di respiro (dispnea) determinata dall’alterazione degli scambi gassosi. Altri sintomi includono affaticamento e tosse secca persistente (senza espettorato). Negli stadi più avanzati può comparire cianosi di mani, piedi e labbra, e rigonfiamento delle dita.
La diagnosi avviene attraverso la valutazione della funzionalità respiratoria, che evidenzia una riduzione dei volumi polmonari e un basso livello di ossigeno nel sangue (ipossiemia), e attraverso radiografia del torace o la tomografia assiale computerizzata (TC). La radiografia permette di rilevare l’aumento del tessuto interstiziale; la TC, oltre a confermare la diagnosi, può servire anche per valutare il grado di alterazione. Per lo stesso scopo si può ricorrere anche alla biopsia polmonare, che consiste nel prelievo e nell’analisi di piccoli campioni di tessuto.
Trattamento, prevenzione e prognosi delle interstiziopatie polmonari
La terapia per le interstiziopatie di origine sconosciuta prevede farmaci antinfiammatori e farmaci antifibrotici. Nelle forme più avanzate si può utilizzare ossigenoterapia e riabilitazione respiratoria, fino al trapianto di polmone nei casi più gravi.
La prevenzione ha una grande importanza nelle forme di interstiziopatie polmonare la cui origine è conosciuta, come la pneumoconiosi (dovuta ad amianto o a polveri di silice), l’alveolite allergica estrinseca (polmonite da ipersensibilità, causata spesso dall’esposizione a fieno ammuffito e a piccioni o altri uccelli in gabbia) e l’interstiziopatia polmonare iatrogena (dovuta a farmaci e/o radiazioni). In questi casi il primo stadio di trattamento consiste nell’interrompere l’esposizione all’agente che causa la malattia. Per le interstiziopatie polmonari causate da esposizione occupazionale sono in corso metodi di prevenzione appropriati per i luoghi di lavoro.
La prognosi varia molto a seconda del tipo di interstiziopatia: la sopravvivenza a 5 anni è del 20% nel caso di fibrosi polmonare idiopatica, di circa il 60% nella polmonite interstiziale linfoide, dell’80% nella polmonite interstiziale non specifica, e raggiunge il 100% per la polmonite criptogenetica organizzata.