L’amebiasi è una parassitosi che si trasmette per via oro-fecale. L’amebiasi intestinale, che si manifesta con diarrea e dissenteria, può presentarsi in due forme, acuta o cronica. L’amebiasi extraintestinale interessa principalmente il fegato. L’infezione viene curata con farmaci antiparassitari.

Indice
  • 1 Descrizione dell'amebiasi
  • 2 Sintomi dell’amebiasi
  • 3 Come si diagnostica l’amebiasi
  • 4 Come si cura l’amebiasi
  • 5 Fonti

Descrizione dell'amebiasi

L’amebiasi è un’infezione provocata da un parassita chiamato Entamoeba histolytica. Può essere localizzata nell’intestino, soprattutto a livello del cieco e del colon (amebiasi intestinale) oppure al di fuori dell’intestino, più frequentemente nel fegato (amebiasi extraintestinale).

L’Entamoeba histolytica, un protozoo che appartiene al gruppo delle amebe esiste in due forme: trofozoita e cisti. I trofozoiti crescono e si moltiplicano all’interno del lume intestinale o nella mucosa intestinale, da questa possono eventualmente migrare ad altri organi viaggiando nel sangue. I trofozoiti uccidono le cellule dell’epitelio intestinale e inglobano (fagocitano) i globuli rossi (emazie). Alcuni trofozoiti presenti nel lume intestinale si differenziano in cisti (incistamento) che passano nelle feci. Quando le cisti vengono ingerite da un nuovo ospite si schiudono nell’intestino tenue (excistamento) rilasciando i trofozoiti. Questa via di trasmissione è detta trasmissione oro-fecale, cioè il parassita passa dalle feci alla bocca per contatto diretto o attraverso alimenti e bevande contaminate. È possibile anche la trasmissione per via sessuale, in seguito a contatti oro-genitali od orali-anali. Le cisti, a differenza dei trofozoiti, sono estremamente resistenti, possono sopravvivere per settimane o mesi nell’ambiente, purché venga mantenuto un certo grado di umidità.

L’amebiasi, detta anche entamebiasi o amebosi (secondo la nuova nomenclatura internazionale), è presente quasi esclusivamente nei paesi tropicali dove le condizioni igienico-sanitarie sono precarie e c’è scarsità di acqua potabile. Si stima che nel mondo questa malattia colpisca 50 milioni di persone e causi ogni anno 100.000 morti. Nei paesi sviluppati i casi di amebiasi sono legati ai viaggi internazionali e ai fenomeni migratori.

Sintomi dell’amebiasi

La maggior parte delle infezioni sono asintomatiche. Un viaggio nelle aree dove è endemica dovrebbe far sospettare la malattia in pazienti con sintomi compatibili.

L’amebiasi intestinale acuta provoca la dissenteria amebica: dopo un periodo di incubazione di 1-3 settimane compare la diarrea (3-4 scariche al giorno di feci non formate) associata a crampi addominali, mancanza di appetito e meteorismo, seguita dalla dissenteria. La dissenteria si differenzia dalla diarrea in quanto consiste nell’emissione di feci che presentano tracce di sangue dovute a ulcerazioni della mucosa intestinale provocate dagli enzimi secreti dai trofozoiti (il nome della specie, hystolytica, significa proprio “che causa lesioni ai tessuti”). Una rara forma acuta di entamebiasi è la colite amebica fulminante, in cui si ha dissenteria grave, febbre, disidratazione e peritonite; è spesso fatale, soprattutto nei bambini.

L’amebiasi intestinale cronica si manifesta in modo simile ad altre malattie intestinali croniche, come il morbo di Chron. I pazienti soffrono di diarrea, talvolta dissenteria, ricorrente e lamentano, anche per anni, dolore addominale, inappetenza e perdita di peso involontaria. In rari casi nel cieco o nel tratto del colon detto ascendente si forma una massa (ameboma) che può fare pensare a un tumore, ma che è riconoscibile tramite esame istologico.

L’amebiasi extraintestinale di solito insorge qualche mese dopo l’infezione e si presenta come ascesso epatico amebico, i cui sintomi sono una sensazione di peso o di dolore in corrispondenza del fegato, che può irradiarsi a livello della scapola e della spalla, febbre e brividi. È più comune nel sesso maschile; l’assunzione di alcol e l’esposizione a sostanze epatotossiche aumentano il rischio di ascesso amebico. Più raramente l’amebiasi extraintestinale interessa il polmone o il cervello.

Come si diagnostica l’amebiasi

La diagnosi di amebiasi non è facile. Per l’amebiasi intestinale l’accertamento più importante è l’esame delle feci. Il campione viene esaminato al microscopio alla ricerca di trofozoiti contenenti emazie e/o cisti (esame coproparassitologico). Per identificare di quale specie di Entamoeba si tratti (ne esistono quattro, di cui solo l’histolytica è patogena), i parassiti vengono messi in coltura (coprocultura) ed esaminati mediante tecniche biochimiche, immunoenzimatiche o di biologia molecolare. Per la diagnosi di amebiasi extraintestinale localizzata nel fegato si esegue un’ecografia addominale, eventualmente seguita da una tomografia computerizzata (TC). La ricerca nel sangue di anticorpi diretti contro il microrganismo patogeno è utile per confermare la diagnosi.

Per la diagnosi della malattia a localizzazione polmonare si esegue una radiografia del torace con eventuale TC di approfondimento, per quella localizzata a livello cerebrale si eseguono una TC o una risonanza magnetica (RM).

Come si cura l’amebiasi

L’amebiasi viene trattata con farmaci antiparassitari. Nel trattamento dell’amebiasi intestinale si usano amebicidi tissutali (es. metronidazolo) e amebicidi di contatto (es. paramomicina). Gli amebicidi di contatto non vanno usati in caso di dissenteria acuta perché possono essere assorbiti a livello dell’intero organismo (assorbimento sistemico) e causare tossicità a livello dell’orecchio o del rene.

Nel trattamento dell’amebiasi extraintestinale in genere si usa il metronidazolo, somministrato per via endovenosa così da ottenere un’elevata concentrazione del farmaco. È importante adottare misure di prevenzione del contagio (es. lavaggio della biancheria a temperatura superiore a 60°C) ed è necessario lo screening dei contatti stretti conviventi (mediante esame coproparossitologico) per ricercare eventuali altri casi asintomatici.

Fonti