Screening mammografico
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- 2 A cosa serve lo screening mammografico
- 3 Breve storia sull'introduzione dello screening mammografico
- 4 A chi è diretto lo screening mammografico
- 5 Come si esegue lo screening mammografico
- 6 Fonti
Lo screening mammografico è uno screening oncologico finalizzato alla diagnosi precoce del tumore della mammella. Consiste nell’esame radiografico delle mammelle eseguito a cadenza regolare. Scoprire un cancro del seno in fase precoce significa avere maggiori probabilità di guarire e potere fare ricorso a trattamenti meno aggressivi.
Il golden standard dello screening mammografico consiste nell’esame mammografico (mammografia).
A cosa serve lo screening mammografico
Condurre uno screening consiste nell’effettuare un test diagnostico su persone che non mostrano segni o sintomi di malattia, ma che potrebbero essere malate senza saperlo. Anche se alla parola screening viene spesso associata la parola “prevenzione”, lo screening non previene la malattia, vale a dire che non evita di ammalarsi, permette invece di accorgersi tempestivamente della presenza della malattia. Ad oggi disponiamo di tre screening oncologici:
- lo screening per il cancro del colon-retto (mediante ricerca di sangue occulto nelle feci o rettosigmoidoscopia);
- lo screening per il cancro del collo dell’utero (mediante Pap test o test per HPV);
- lo screening per il cancro della mammella (mediante mammografia).
Ogni screening è basato su un esame che presenta tre caratteristiche: è sicuro, accettabile e attendibile. Ciò significa che presenta pochi rischi o effetti collaterali, che non è troppo fastidioso o complesso e che fornisce risultati affidabili e riproducibili. Dato che chi si sottopone allo screening si sente bene e che nella maggioranza dei casi è sano, non è pensabile di proporre esami dolorosi o rischiosi. D’altro canto, dovendo essere eseguiti su numero elevato di persone, esami sofisticati e costosi non sono sostenibili dalla collettività.
Gli esami di screening devono avere una buona sensibilità (capacità di identificare correttamente le persone malate) e specificità (capacità di identificare correttamente le persone sane) per ridurre al minimo i falsi positivi e i falsi negativi.
Breve storia sull'introduzione dello screening mammografico
Quando un test si rivela promettente vengono condotti degli studi clinici per capire se quella strategia di screening produce dei benefici, ossia se la diagnosi precoce permette di cambiare il corso della malattia.
Gli studi che hanno giustificato l’introduzione dello screening mammografico sono stati condotti tra gli anni Sessanta e gli anni Novanta del XX secolo negli Stati Uniti e in Europa e hanno coinvolto complessivamente più di 600.000 donne. Da quegli studi è emerso che tra le donne sottoposte ai controlli mammografici si erano verificati meno decessi di quelli registrati nel gruppo controllo. Sulla base delle evidenze scientifiche, l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) ha concluso che lo screening mammografico ha un impatto favorevole sulla mortalità delle donne dai 50 ai 69 anni.
Con la mammografia è possibile identificare il cancro della mammella prima ancora che diventi una massa palpabile. Identificare il cancro della mammella in stadio precoce, quando è più curabile, non solo aumenta le probabilità di sopravvivenza, ma consente di ricorrere a interventi meno aggressivi. Dal punto di vista chirurgico ciò significa potere eseguire una quadrantectomia della mammella invece di una mastectomia totale.
A chi è diretto lo screening mammografico
In Italia, lo screening mammografico è raccomandato a tutte le donne di età compresa tra i 50 e i 69 anni. Si esegue con una mammografia che viene ripetuta ogni 2 anni. L’esame è a carico del Sistema Sanitario Nazionale.
La periodicità dello screening è stata scelta per ridurre il più possibile l’esposizione alle radiazioni ionizzanti che potrebbero esse stesse causa di un tumore, mantenendo però la capacità di intercettare la malattia in fase precoce. Due possibili svantaggi della mammografia sono la sovra-diagnosi, ossia l’identificazione e il conseguente trattamento di tumori poco aggressivi che non avrebbero influito sull’aspettativa di vita della donna, e la possibilità che il risultato sia un “falso positivo”, eventualità che richiede ulteriori esami medici e può generare un forte stress.
La fascia di età 50-69 anni è quella per cui il bilancio tra vantaggi e svantaggi dello screening è più favorevole. Nelle donne più giovani, meno a rischio perché l’incidenza del tumore della mammella aumenta con l’età, il seno è più denso e rende la mammografia meno sensibile. Nelle donne più anziane il beneficio è ridotto dall’aspettativa di vita più limitata. Alcune Regioni, su indicazione del Ministero della Salute, stanno tuttavia estendendo lo screening alle donne tra i 45 e 49 anni con intervallo annuale e alle donne tra i 70 e 74 anni con intervallo biennale.
Secondo il report annuale dell’Osservatorio Nazionale screening, nel 2019 lo screening mammografico ha raggiunto l’84% della popolazione target, anche se con grosse differenze regionali. Infatti, mentre nell’Italia settentrionale hanno aderito 98 donne su 100 e al Centro 96 su 100, nell’Italia meridionale hanno aderito solo 59 donne su 100.
Come si esegue lo screening mammografico
Per informazioni dettagliate consultate la scheda interamente dedicata alla mammografia.