L’elastosonografia, o elastografia, è una tecnica usata in medicina che utilizza le modificazioni dell’elasticità dei tessuti molli. L’analisi dei tessuti molli viene usata per diverse patologie al fine di  fornire informazioni qualitative e quantitative utili a fini diagnostici.

È noto, ad esempio, che molti tumori solidi hanno caratteristiche meccaniche diverse dai tessuti sani circostanti; e anche la fibrosi associata a numerose malattie epatiche croniche rende il fegato più rigido rispetto all’organo integro. Per questi motivi questa metodologia può essere utilizzata per differenziare un tessuto sano da uno malato permettendo quindi la formulazione di una diagnosi. L’elastosonografia è stata descritta per la prima volta negli anni ’90 ed è stata poi ulteriormente sviluppata e perfezionata negli ultimi anni.

Come funziona e che vantaggi presenta l’elastosonografia?

L’elastografia si basa sull’utilizzo di onde sonore ad elevata frequenza – gli ultrasuoni – non udibili dall’orecchio umano e impiegati peraltro anche nella tecnica ecografica convenzionale. L’elastografia ha il vantaggio di essere un esame economico, versatile e ampiamente utilizzato perché, a differenza delle radiazioni ionizzanti, non reca danno ai tessuti. Le misurazioni vengono acquisite in modalità di imaging specifica in grado di rilevare la rigidità del tessuto in risposta a una forza meccanica applicata, ad esempio la compressione. Per questi motivi, le informazioni qualitative e quantitative ottenute con questa metodica risultano complementari a quelle ricavate con l’ultrasonografia standard e aggiungono utili elementi che agevolano la diagnosi di una malattia.

Quali sono le tecniche di elastosonografia attualmente disponibili?

Nel corso degli anni sono state sviluppate essenzialmente due tecniche che utilizzano modalità diverse:

  • elastografia a deformazione, che impiega stimoli interni o esterni di compressione;
  • elastografia a onde di taglio, che utilizza onde in movimento prodotte dagli ultrasuoni.

Per approfondire: Dove effettuare una elastografia epatica

Quali sono i limiti dell’elastosonografia?

Questa tecnica, relativamente giovane, presenta limiti che ne ostacolano la riproducibilità e che possono comportare difficoltà interpretative delle immagini. Tra i fattori che possono costituire un problema dell’attendibilità dei risultati vi sono:

  • artefatti determinati dall’operatore;
  • localizzazione dell’organo da esaminare (più è in profondità meno affidabile è il risultato);
  • presenza di grasso sottocutaneo che può generare errori;
  • difficoltà nel regolare le impostazioni del sistema (quali ad esempio la frequenza degli ultrasuoni e del campionamento).

Quali sono le applicazioni cliniche dell’elastosonografia?

Le applicazioni cliniche di questa metodica sono sempre più diffuse man a mano che aumenta la sua affidabilità. Sono diverse le patologie per le quali trova spazio il suo utilizzo, tra queste:

  • Malattia epatica cronica: una patologia che costituisce un serio problema di salute pubblica in tutto il mondo. Riconosce molteplici cause, tra le quali l’epatite virale, la steatosi epatica non alcolica, le epatopatie alcoliche e le epatopatie autoimmuni. Il percorso evolutivo della malattia cronica è lo stesso indipendentemente dalla causa e comprende dapprima la fibrosi dell’organo e poi la sua trasformazione in cirrosi che comporta il rischio di gravi complicazioni quali l’ipertensione portale, l’insufficienza epatica e il carcinoma epatocellulare. La fibrosi epatica può presentare però caratteristiche di reversibilità e può regredire o non progredire ulteriormente se vengono rimosse le cause alla sua origine. L’elastosonografia è utile nel monitorare l’evoluzione della fibrosi del fegato perché è un metodo non invasivo che può essere eseguito senza rischi per il paziente;
  • Carcinoma della mammella, si tratta di un tumore maligno molto frequente nella donna e la cui diagnosi precoce consente in molti casi la guarigione completa. I due metodi di diagnostica per immagini più comuni per lo screening di questo tipo di neoplasia maligna sono: la mammografia e l’ecografia standard. Queste tecniche presentano però alcuni limiti, ad esempio la possibilità di falsi negativi. La valutazione elastosonografica può costituire uno strumento complementare per migliorare la caratterizzazione delle lesioni mammarie. Alcune ricerche hanno dimostrato che questa tecnica utilizzata per l’esame della mammella permette risultati migliori rispetto all’ecografia e alla mammografia.
  • In caso di noduli tiroidei, l’elastosonografia fornisce informazioni complementari all’ecografia e alla campionatura con ago sottile. L’uso combinato con l’ultrasonografia può migliorare la capacità di differenziare i noduli tiroidei benigni da quelli maligni e può anche essere di aiuto nella diagnosi differenziale tra neoplasie follicolari maligne e benigne.
  • In caso di malattia renale cronica, l’elastosonografia consente, come nel fegato, di essere utile in modo non invasivo nella valutazione, stadiazione e monitoraggio della fibrosi renale riducendo la necessità di una biopsia.
  • Nel carcinoma della prostata, sfruttando il fatto che il carcinoma prostatico rende questa struttura più rigida, l’esame elastosonografico consente uno screening utile a eseguire biopsie più mirate per la diagnosi definitiva.